Nasce l’Osservatorio Civic Brands
Da tempo registriamo una crescente sensibilità nelle persone che iniziano a chiedere alla politica, alle istituzioni, ai decision makers, alle aziende un’assunzione di responsabilità rispetto a tematiche sociali, culturali e politiche. Da tempo ragioniamo e raccontiamo di come sia arrivato per le marche il tempo di agire, di prendere posizioni, di raccontare il proprio credo, i propri valori e di adoperarsi concretamente per lo sviluppo della comunità nella quale operano.
La pandemia del Covid-19, e il conseguente autoisolamento, ha causato un drastico cambiamento della nostra vita quotidiana. In poche settimane il contesto decisionale, il comportamento e gli stili di vita di milioni di persone nel mondo sono stati completamente rivoluzionati.
In questo momento così delicato, abbiamo voluto indagare cosa si aspettano i consumatori dalle marche, che genere di coinvolgimento e partecipazione richiedono e come valutano le iniziative di solidarietà delle aziende che scendono in campo con finanziamenti, donazioni e iniziative di vario tipo al fine di contrastare l’emergenza Coronavirus.
Dai risultati di una ricerca condotta da Ipsos in queste settimane, si evidenzia una crescita a doppia cifra dei consensi verso quelle marche che intervengono attivamente sul tessuto sociale. Avendo raccolto questi dati durante l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Coronavirus, è plausibile che il dato possa risultare dopato dall’effetto della pioggia di donazioni che hanno interessato piccole, medie e grandi aziende. Tuttavia, è interessante notare che solo il 30% degli intervistati e delle intervistate risponde positivamente alla domanda se ricorda almeno una marca, un’azienda, un imprenditore o un manager particolarmente impegnato e attivo per aiutare il nostro Paese a fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Cosa significa questo? Che gli incrementi valutativi rispetto all’anno precedente per le altre tre domande non sono viziati dal contesto emergenziale in cui sono stati raccolti.
Oggi più che mai, consumatori e consumatrici pretendono che marchi e aziende si espongano in prima persona rispetto a tematiche sociali rilevanti, oltre a vendere prodotti o a offrire servizi. Non solo, ma la maggior parte di loro esprime questa tensione come un bisogno vero e proprio, come se marche, servizi e manager potessero compensare le mancanze istituzionali. Il 63% del campione ammira le aziende che si occupano di temi sociali, politici e culturali, anche a costo di dividere l’opinione pubblica. Non è più il momento di pensare alle proprie azioni in una logica ecumenica. L’anno scorso alla stessa domanda la risposta affermativa era del 56%. I tempi sono maturi affinché i brand tornino all’economia civica. Agiscano per un bene comune. Sottolineino i propri credo, senza il timore di perdere consenso. Non è più una partita che si gioca solo sulle nuove generazioni.
Soprattutto in momenti di crisi come questo, i brand hanno un ruolo vitale da svolgere e le persone si aspettano che si facciano avanti, sia aiutandole quotidianamente, adattando i propri prodotti e servizi, sia nel comunicare in maniera trasparente su come lavoreranno per impostare un percorso verso un futuro migliore. I brand e i creativi hanno sempre avuto un valore economico e sociale, ora le idee e le storie che raccontano e i valori a cui si ispirano possono essere una delle cose che aiuteranno a vincere questa guerra.
Nota: Post pubblicato in data 3 aprile 2020